La frattura di tibia e perone si verifica solitamente durante gli incidenti stradali gravi o attività sportive di contatto, non coinvolge solamente l’osso ma anche i tessuti circostanti come muscoli, tendini, legamenti, vasi sanguigni e pelle.
Dunque, intervenire tempestivamente è importante per ridurre al minimo le complicanze che possono derivare da questo tipo di frattura e recuperare al meglio la funzionalità soprattutto se si desidera tornare all’attività sportiva. Tibia e perone costituiscono infatti lo scheletro della gamba e contribuiscono a formare l’articolazione del ginocchio e della caviglia. Distalmente confinano con le ossa del piede e prossimalmente con il femore, con cui il perone non ha contatto, per questo motivo non ha funzioni di sostegno, non è considerato dunque un osso portante come la tibia.
In questo articolo verranno analizzate le tipologie di frattura di queste due importanti ossa, le cause e la cura.
Tibia e perone sono le due ossa pari del corpo umano che vanno a creare quella porzione dell’arto inferiore compresa tra la coscia e il piede chiamata gamba.
Queste due strutture anatomiche sono esempi di ossa lunghe, posseggono dunque una porzione centrale stretta chiamata diafisi (o corpo) e due estremità più voluminose chiamate epifisi (epifisi prossimale ed epifisi distale).
Tibia e perone corrono parallelamente tra di loro, la tibia medialmente e il perone lateralmente e confinano superiormente con il ginocchio e inferiormente con la caviglia.
La tibia, situata nella parte più interna (mediale) della gamba, possiede un’epifisi prossimale che, come accennato in precedenza, si articola con il femore e partecipa alla formazione dell’articolazione del ginocchio.
L’epifisi della tibia, composta da un condilo mediale e uno laterale, viene chiamata anche “piatto tibiale” nella sua superficie superiore, questa andrà ad accogliere i condili femorali per mezzo dell’interposizione dei due menischi mediale e laterale.
Nella sua porzione centrale, il piatto tibiale presenta due piccoli processi ossei chiamati “tubercoli intercondiloidei” che permettono l’ancoraggio dei due menischi al ginocchio; anteriormente presenta la fossa intercondiloidea anteriore dove si inserisce il legamento crociato anteriore e posteriormente la fossa intercondiloidea posteriore dove si inserisce invece il legamento crociato posteriore del ginocchio.
Appena al di sotto dei due condili tibiali, anteriormente, si trova la “tuberosità tibiale”, piccola protuberanza ossea che offre l’ancoraggio al tendino rotuleo, proveniente dal muscolo quadricipite, che serve a collegare la rotula alla tibia.
La diafisi, o corpo, della tibia, è la porzione di osso compresa tra le due epifisi distali. Lateralmente vi si inserisce la cosiddetta membrana interossea tibio-peroneale, un sottile foglietto fibroso che tiene unite le due ossa della gamba. Posteriormente è presente una cresta ossea che dà origine al muscolo soleo del polpaccio.
L’epifisi distale della tibia rappresenta l’estremità della gamba più vicina al piede e con esso forma l’articolazione della caviglia.
Il margine inferiore dell’epifisi distale della tibia, insieme al margine inferiore del perone, va a formare il “mortaio tibio-astragalico” con l’astragalo (o talo), una delle sette ossa che costituiscono il tarso del piede.
Il processo osseo della tibia che si sviluppa in senso infero-mediale viene chiamato malleolo interno (o malleolo mediale) e la sua funzione è quella di garantire stabilità all’articolazione della caviglia. Posteriormente a questo, in un’apposita scanalatura, scorrono i tendini del muscolo tibiale posteriore.
L’incisura fibulare, situata lateralmente, va invece ad ospitare ed agganciare l’estremità distale del perone.
Riassumendo, la tibia si trova coinvolta nelle seguenti articolazioni:
Il perone rappresenta la struttura più laterale e meno voluminosa della gamba.
La sua epifisi prossimale (simile a un quadrato irregolare), è la porzione dell’osso più vicina al femore e presenta, nella sua zona mediale, una faccetta appiattita che serve ad articolare il perone alla tibia.
Il processo stiloideo, o apice del perone, è una sporgenza ossea che si sviluppa verso l’alto e che serve da punto di ancoraggio per il capo terminale del muscolo quadricipite femorale, nonché alla porzione terminale del legamento collaterale laterale del ginocchio.
Sempre sull’epifisi prossimale del perone si trovano una serie di tubercoli ossei: anteriormente, offrono l’inserzione al muscolo peroneo lungo e al legamento tibio-peroneale superiore anteriore, mentre posteriormente, dove è presente un singolo tubercolo, c’è l’inserzione del legamento tibio-fibulare superiore posteriore (l’altra sua estremità è collegata alla tibia). Il compito di questi due legamenti è quello di mantenere uniti tibia e perone.
Il corpo del perone è la porzione di osso compresa tra le due epifisi distali. Su questo è presente il punto di ancoraggio della sopracitata membrana interossea.
L’epifisi distale del perone è l’estremità di quest’osso più prossima alla caviglia e presenta un processo osseo chiamato malleolo esterno (o peroneale), che si estende in senso latero-inferiore e che concorre, insieme al malleolo tibiale, a stabilizzare l’astragalo all’interno del mortaio.
A questo livello è presente anche una faccetta articolare che unisce il perone alla tibia nelle loro porzioni distali. Questa faccetta ha una posizione mediale e si inserisce nella già citata incisura fibulare.
Riassumendo, il perone si trova coinvolto nelle seguenti articolazioni:
La tibia e il perone hanno sostanzialmente due funzioni comuni:
Si ricorda che il perone non è coinvolto nell’azione di sostegno del corpo, come invece accade per la tibia, in quanto non è a diretto contatto con il femore, non deve dunque scaricarne il peso a terra.
Come tutte le ossa del corpo umano, anche tibia e perone possono essere interessate da fratture a seguito di traumi a loro carico.
L’evenienza più infausta, che normalmente avviene negli infortuni più seri, è la contemporanea rottura delle due ossa.
Esistono diverse tipologie di fratture di tibia e perone, si dividono in base a diversi parametri:
Queste caratteristiche sono fondamentali per individuare la terapia più adeguata, il corretto percorso riabilitativo e, soprattutto, i tempi di guarigione che il più delle volte risultano essere lunghi.
I sintomi di queste fratture sono:
La frattura meta-diafisaria a livello di tibia non compromette, in generale, grandi limitazioni di movimento articolare.
La frattura di tibia e perone si verifica generalmente in seguito a traumi sportivi, cadute, incidenti ecc..
Tuttavia, esistono dei fattori di rischio che possono predisporre a questo tipo di fratture:
Subito dopo il trauma bisogna recarsi al pronto soccorso per effettuare un RX di controllo che potrà escludere o confermare la presenza di microfratture o fratture, nonché la tipologia e le eventuali lussazioni associate.
Per la diagnosi definitiva risulta fondamentale l’esame obiettivo e la visita ortopedica per l’inquadramento clinico del paziente, l’esecuzione se necessario di una risonanza magnetica (o una TAC) per escludere specifiche lesioni legamentose e/o l’elettromiografia qualora ci fosse il sospetto di una lesione nervosa.
TAC e RMN vengono solitamente richieste se è presente una necessità chirurgica.
Per quanto riguarda il trattamento, in assenza di importanti lesioni legamentose, per le fratture di tibia e perone composte, è previsto il trattamento conservativo con l’immobilizzazione in gesso per circa un mese con successiva riabilitazione.
In caso di fratture scomposte è necessario ricorrere a un intervento di osteosintesi con placche e viti e conseguente immobilizzazione con fissatori esterni o apparecchio gessato. I tempi di recupero e la riabilitazione in questo caso saranno più lunghi e intensi.
Indipendentemente dal percorso conservativo o chirurgico, è fondamentale seguire un buon percorso di fisioterapia volto a migliorare il recupero funzionale dopo il periodo di immobilizzazione, evitare alterazioni dello schema del passo, problemi posturali e di equilibrio che potrebbero predisporre a recidive nel corso del tempo.
Risulta importante recuperare al più presto il tono muscolare che viene inevitabilmente perso durante il periodo di calcificazione dell’osso. La terapia “a secco” può essere abbinata alla terapia in acqua (idrokinesi) che permetterà un buon lavoro fuori carico, velocizzando il recupero del paziente.
Per gli atleti, infine, sarà importante effettuare un percorso personalizzato in palestra per il ritorno all’attività sportiva in sicurezza e nel miglior modo possibile.
Testo di Alessandra Del Vecchio
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