Anatomia del bacino
Il bacino si trova alla fine del tronco, e costituisce il punto di congiunzione tra parte superiore e arti inferiori, esso ha una forma simile a quella di un anello. Le “braccia”, di tale anello, sia a destra che a sinistra, sono formate dalle ossa iliache. Quest’ultime si dividono in tre parti: ileo, ischio e pube. Il bacino si chiude nella parte anteriore, a livello della sinfisi pubica, invece, nella parte posteriore le ossa iliache “abbracciano” l’osso sacro (attraverso l’articolazione sacro-iliaca), osso che costituisce la base della colonna vertebrale. Il sacro, infine, si articola con il coccige (articolazione sacro-coccigea), che chiude posteriormente la parte inferiore del bacino. Quindi questo “anello”sembra essere fondamentale, per il sostegno offerto, soprattutto, nella stazione eretta, infatti, il carico del corpo viene scaricato agli arti inferiori, passando per la zona sacro-iliaca, caratterizzata da forti legamenti.
Una delle problematiche che possono colpire il bacino, sono le fratture. Queste avvengono maggiormente per traumi a causa di incidenti stradali, di incidenti sul lavoro o traumi sportivi. Tali fratture sono, in alcuni casi, pericolose, questo dipende: dal punto di rottura, dagli organi colpiti e dai vasi e nervi che possono venir lacerati.
Classificazione delle fratture del bacino
Diversi sono i meccanismi che possono procurare le fratture al bacino:
- una compressione antero-posteriore
- una compressione laterale
- dovuto a forze di taglio
È possibile che diverse forze di frattura possano verificasi contemporaneamente, costituendo delle lesioni complesse e pericolose.
In base ai meccanismi d’azione le fratture sono classificate in tre tipi:
- tipo A. La forza agente è in senso antero-posteriore a livello della sinfisi pubica, con rotazione esterna del bacino. La conseguenza di tali fratture è il distaccamento della sinfisi pubica, con frattura orizzontale di un ramo pubico (parte anteriore) e frattura, dallo stesso lato, dell’ala iliaca (parte posteriore)
- tipo B. La forza agente è in senso laterale e questo produce una rotazione interna dell’emi-bacino che provoca una frattura a livello della sinfisi, con sovrapposizione dei rami pubici si verifica una frattura del ramo pubico (parte anteriore) e dell’ala iliaca (parte posteriore)
- tipo C. La forza agente è in senso verticale, produce delle fratture molto serie con distruzione del bacino. Provoca un distaccamento a livello della sinfisi pubica, come quelle di tipo A, e uno spostamento verso l’alto dell’emi-bacino fratturato, alcune volte a questo si associa anche frattura di un tratto della 5^ vertebra lombare.
Ogni tipo di frattura, poi, ha delle sotto classificazioni in base alla stabilità o meno che ne consegue. Inoltre, negli anziani, per conseguenza dell’osteoporosi, è possibile assistere a delle fratture del bacino senza che ci sia un grande trauma scatenante.
Infine, esistono anche le fratture da avulsione, in cui vi è un distaccamento di un tendine o legamento, che arriva in prossimità del bacino, talvolta è possibile che si stacchino anche frammenti ossei. Tale frattura colpisce soprattutto gli sportivi, caratterizzati da grandi masse muscolari.
I sintomi e la diagnosi della frattura di bacino
In questo articolo vengono prese in considerazione le soprattutto le fratture del tipo A, le più semplici e più diffuse, che possono colpire sia i soggetti giovani (a seguito di incidente stradale) e sia i soggetti anziani con osteoporosi (a seguito di cadute). La diagnosi viene effettuata del medico specialista, ortopedico o fisiatra. Essa consiste nella raccolta di informazioni, fornite dal paziente, sui sintomi, e nell’esecuzione di test specifici. Il medico può richiedere una radiografia e solo nei casi più gravi può essere richiesta una tac o risonanza magnetica. Per questo tipo di fratture la sintomatologia riportata dal paziente è:
- la presenza di un dolore non solo nella zona della frattura, ma anche nelle strutture attorno. Inoltre, il paziente ha difficoltà a stare nella posizione seduta
- la presenza di dolore e impossibilità a svolgere movimenti normali
- la presenza di ematomi, gonfiore e calore nella zona interessata dalla frattura
Quale è il trattamento per una frattura di bacino?
Idrokinesi per la frattura di bacino
Come da classificazione, risulta difficile scrivere un programma riabilitativo che vada bene per tutti i tipi di frattura. Innanzitutto, se si tratta di un trauma complesso, è necessario l’intervento chirurgico per ridurre la frattura ossea e dare nuovamente la forma fisiologica al bacino. In qualsiasi caso è molto importante un periodo di completa immobilità, stando sdraiati a letto, infatti, non sempre è possibile ingessare la zona. L’immobilizzazione favorisce un’accelerazione dei tempi di guarigione, è indispensabile dare il tempo necessario perché i formi il callo osseo. Non rispettare tale periodo, mettendo carico e mobilizzando la struttura fratturata, potrebbe portare allo sviluppo di artrosi. Per un primo momento è fondamentale una riabilitazione guidata all’interno di una piscina. Inizialmente sono da preferire esercizi in sospensione e passivi con l’aiuto di galleggianti e sfruttando la riduzione della gravità per evitare il carico della struttura. Poi gli esercizi possono diventare progressivamente sempre più attivi e da effettuare anche in stazione eretta. L’idrokinesi (la riabilitazione in acqua) gioca un ruolo importante nella riabilitazione di questo tipo di fratture, infatti, permette un recupero migliore e permette di accelerare i tempi di movimento per le strutture colpite.
Terapia strumentale e manuale per la frattura di bacino
Quando l’ortopedico dà l’autorizzazione, è possibile iniziare la fisioterapia a secco. Un primo obiettivo della terapia è quello del drenaggio, per favorire l’eliminazione dell’eventuale ematoma e ridurre il gonfiore. La riabilitazione fisioterapica prevede anche l’uso di macchinari ad azione sfiammante, soprattutto per i tessuti attorno alla frattura. Sono previste sedute di magnetoterapia, che aiutano a stimolare il callo osseo, con riduzione dei tempi di riabilitazione. Progressivamente il fisioterapista può avvalersi di tecniche manuali per iniziare a mobilizzare le articolazioni. Dopo che il paziente ha acquistato mobilità, si inizia a lavorare sullo schema del passo, quindi sulla camminata, e sulla propriocezione. L’ultima fase prevede il rinforzo dei muscoli soprattutto degli arti inferiori e del core.
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