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La displasia dell’anca è una condizione ortopedica congenita. Nei soggetti affetti da questa patologia è presente una deformità a livello dell’articolazione dell’anca che non ne permette un corretto movimento e una corretta stabilità, causandone una progressiva dislocazione e sublussazione con conseguenti problemi fin dai primi mesi di vita che vanno ad aumentare con il passare degli anni. La deformazione interessa sia la parte ossea sia la parte legamentosa dell’articolazione e, a seconda dei casi, può risultare più o meno grave.
Per riuscire a capire la problematica della displasia d’anca, dobbiamo approfondire meglio la sua anatomia fisiologica. L’anca, anche detta articolazione coxo-femorale, è definita come enartrosi, ovvero un’articolazione formata dall’unione di due superfici: una sferica e una concava. In questo caso, le superfici di cui si parla sono:
L’articolazione dell’anca è fisiologicamente molto solida e robusta, poiché è tenuta stabile da numerosi legamenti:
L’anca è una delle articolazioni del nostro corpo con più capacità di movimento. Essa può svolgere movimenti di:
Tutti questi movimenti sono possibili grazie a svariati muscoli fondamentali per la deambulazione. Essi sono:
L’anatomia dell’anca, quindi, risulta essere molto complessa ed è chiaro come la deformazione di uno o più elementi di essa, possa portare a un enorme squilibrio.
Come la gran parte delle patologie congenite, la causa della displasia dell’anca non è chiara ma può dipendere da numerosi fattori, come:
Essendo una condizione congenita, a oggi è possibile venirne a conoscenza già durante la gravidanza attraverso un’ecografia. Molto spesso si diagnostica poco dopo il parto attraverso due fondamentali manovre che sono:
In entrambi i casi, la patologia viene scoperta molto prima della comparsa dei sintomi che solitamente iniziano a insorgere in età infantile e peggiorano in età adulta. In questi casi la condizione di displasia potrà essere accertata solamente tramite esami diagnostici come:
I primi segni che possono suggerire la presenza di displasia dell’anca in età infantile sono:
Se la situazione viene trascurata, la gravità dei sintomi aumenta drasticamente con il passare del tempo, causando la formazione di enormi compensi negativi nel resto del corpo e con gravi conseguenze in età adulta come:
Se la diagnosi di displasia d’anca viene effettuata precocemente (entro i primi sei mesi di vita), sarà possibile intervenire attraverso l’utilizzo di divaricatori che manterranno fissa l’articolazione con la testa del femore nella giusta sede e posizione.
Nei casi più gravi, nei bambini dopo il 6 mese di vita, l’unica soluzione è l’intervento chirurgico.
È possibile, come abbiamo detto, che la diagnosi di displasia non venga effettuata in età neonatale o infantile. Se si viene a conoscenza di questa condizione in età adulta, le opzioni possibili sono due, ovvero:
Nel caso in cui la gravità della deformazione lo consenta, è possibile agire conservativamente e, quindi, senza intervento chirurgico. Gli obiettivi, in questo caso sono quello di mantenere stabile la situazione ed evitarne il peggioramento, cercando soprattutto di contenere l’avanzare dell’artrosi d’anca, che sarà estremamente accentuata. La terapia conservativa consiste in:
Nei casi meno gravi, la terapia conservativa permette al paziente di stare meglio e stabilizzare la sua situazione, ma attraverso essa non è in alcun modo possibile correggere la deformazione. Questo è possibile solo ed esclusivamente attraverso l’intervento chirurgico.
In età adulta, l’unica soluzione completamente risolutiva è l’intervento chirurgico con impianto protesico. L’anca originale viene sostituita da una artificiale, che verrà impiantata nella corretta posizione. Attraverso l’intervento di protesi d’anca è, inoltre, possibile risolvere il problema dell’artrosi.
L’intervento chirurgico, a oggi, risulta la migliore soluzione possibile e nella stragrande maggioranza dei casi viene effettuato con successo e senza complicazioni. Ovviamente, in seguito a un intervento di protesi d’anca, sarà necessario effettuare un percorso di fisioterapia mirato. Gli obiettivi saranno il recupero:
La fisioterapia viene effettuata nei giorni immediatamente successivi all’intervento e il paziente ottiene il carico fin da subito, prima parzialmente e poi totalmente. La maggior parte della riabilitazione fisioterapica sarà incentrato sul recupero completo della capacità di movimento dell’anca operata e sul corretto ripristino delle funzioni muscolari, con un ritorno completamente normale alla vita quotidiana in un tempo relativamente breve. Si andrà ad agire progressivamente con:
In conclusione, a oggi, la displasia dell’anca è una patologia facilmente diagnosticabile precocemente e, con un intervento altrettanto precoce, è possibile evitare problematiche durante la via adulta. Nei casi in cui non venga diagnosticata in tempo, ci sono comunque soluzioni estremamente valide che possono risolvere la situazione e portare il paziente verso un miglioramento sostanziale della sua qualità di vita e delle sue attività quotidiane.
Testo di Alessandra Burelli
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