La definizione di Trigger Point è stata coniata nel 1943 dalla dottoressa Janet Travell, con questo termine intende le masse o i punti dolorosi del muscolo o della fascia (bandelletta palpabile) che risulta indurita e dolente alla palpazione. Un muscolo normale è sciolto ed elastico e non risulta dolente alla palpazione.

Che differenza c'è tra trigger point e tender point?

I tender point sono punti dolorabili alla pressione e che non irradia, quindi un dolore evocato con la pressione in un punto specifico, molto tipico nella fibromialgia.

Il dolore si trova al livello delle fibre muscolari e delle strutture fibrose. La presenza di questi punti può dare rigidità muscolare. Con il massaggio si possono sciogliere questi punti, ma deve essere eseguito con molta delicatezza, specificità e in modo individualizzato.

Come malattia, la fibromialgia si avvale della diagnosi sui tender point bilaterali, il cui dolore si evoca solo nei punti specifici e non su tutto il distretto muscolare, come nei trigger point. Il dolore corrisponde ai ventri muscolari, ma tende a irradiarsi in sedi vicine ai ventri stessi e alle articolazioni. Si tratta di una malattia molto diffusa a livello di patologie reumatiche, e spesso colpisce le donne dai 25 ai 45 anni, a volte con la sovrapposizione di una sindrome infiammatoria cronica, come l’artrite reumatoide.

A differenza dei tender point, i trigger point sono slegati da ogni patologia e rappresentano dei punti doloranti della muscolatura, posizionati su distretti muscolari in continua tensione.

Quali sono le cause dei trigger point?

Le cause dei trigger point sono:

  • eccessivo utilizzo dei muscoli, come il sovraccarico
  • traumi acuti sul muscolo
  • microtraumi ripetuti sul muscolo
  • posture sbagliate
  • problemi articolari e ipermobilità
  • condizioni psicologiche (ansia, depressione, trauma da stress psicologico)
  • assenza di esercizio o attività fisica

Come si classificano i trigger point?

Da un punto di vista clinico, possiamo classificare i trigger point in:

  • Attivi: danno un dolore spontaneo, non solo alla palpazione. Riproducono i sintomi clinici lamentati dal paziente, che li riconosce come familiari (cioè come un dolore già sperimentato in precedenza). Questi vengono riprodotti sia spontaneamente, sia durante la palpazione effettuata dal professionista all’esame fisico, che al movimento.
  • Latenti: non riproducono i sintomi lamentati dal soggetto. La differenza rispetto al trigger point attivo è che provoca un dolore diverso rispetto a quello riferito dal paziente e questo avviene solo durante la palpazione all’esame fisico, non è spontaneo né continuativo. Possono diventare attivi nei seguenti casi:
  • quando un gesto, un’azione viene svolta in modo eccessivo o troppo ripetuto nel tempo
  • per un trauma diretto o indiretto
  • quando un muscolo rimane in uno stato di accorciamento eccessivo o mantenuto per lunghi periodi di tempo (si crea mancanza di ossigeno all’interno delle fibre muscolari ed un accumulo di residui metabolici)

In entrambi i casi è presente rigidità e debolezza nel muscolo.

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I trigger points portano allo sviluppo di sintomi e segni caratteristici di tale condizione. Molti di questi sono riferiti dal paziente durante la prima visita, mentre altri vengono osservati dal professionista durante lo svolgimento dell’esame fisico obiettivo.

Tra i principali sintomi è possibile indicare:

  • dolore, sia quando si contrae il muscolo che quando si ha lo stiramento dello stesso
  • movimento limitato
  • diminuzione della forza muscolare
  • tensione muscolare
  • possibili crampi e fatica muscolare

Il paziente può riferire sintomi che possono essere riprodotti a seguito di una pressione sul trigger point. Il dolore può anche irradiarsi ad altre aree non coinvolte direttamente da tale punto.

Qual è il trattamento che si usa per il trigger point?

Il tipo di trattamento per il trigger point è di tipo conservativo (non chirurgico).

Si inizia con il ragionamento clinico, in seguito a un’attenta e precisa palpazione si individua la rigidità nella zona prossima o corrispondente alla sede del trigger point per poi trattare manualmente.

Nella gestione della sintomatologia ha un ruolo principale la fisioterapia che, attraverso diverse tecniche, consente di ridurre i sintomi fino al completo recupero del paziente.

Le principali tecniche che si usano sono:

  • compressione ischemica, il fisioterapista applica una pressione sostenuta fino alla percezione di un rilascio dei tessuti o fino a quando il dolore del paziente si riduce
  • tecniche neuromuscolari
  • terapia manuale sulla colonna vertebrale
  • tecniche miofasciali per il rilascio della muscolatura
  • massaggio trasverso profondo che consiste in frizioni sulla banda tesa in senso trasversale
  • dry needling: è una tecnica che consiste nell’utilizzo di un piccolo ago per stimolare il trigger point in questione (diversa dall’agopuntura). In Italia, a differenza di molti paesi europei e del mondo, da diversi anni questa è di competenza esclusivamente medica

A queste tecniche è importante associare l’esercizio terapeutico per raggiungere:

  • riduzione della sintomatologia
  • recupero del range di movimento completo
  • rinforzo della muscolatura coinvolta

Gli esercizi in un primo tempo vengono svolti insieme al fisioterapista e, successivamente, in autonomia seguendo uno specifico programma di recupero formulato dal professionista sulla base delle caratteristiche personali del paziente.

Dopo aver tolto le contratture, per evitare la ricomparsa dei trigger point si utilizzano e insegnano al paziente posture corrette, esercizi di allungamento e  strumenti per mantenere il rilascio miofasciale (stretching) e la correzione di  abitudini giornaliere errate.

Testo di Elisa Sordi

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